Marta Santini

Ho scelto la scuola adleriana di psicoterapia colpita dal rispetto che il modello della Psicologia Individuale riconosce all’individualità umana, del paziente e del terapeuta. Sono molto soddisfatta della scelta fatta e, a un anno dalla conclusione del mio percorso di formazione professionale e personale, mi costudisco l’insegnamento rispetto a cosa significhi essere psicoterapeuta. Il terapeuta dev’essere capace di calarsi nei vissuti del paziente e di lasciarsi interrogare intimamente dalle sue questioni, di risuonare emotivamente. È la relazione con il terapeuta a riaprire per il paziente la possibilità di evoluzione, offrendo un’esperienza emotiva correttiva. La scuola adleriana mi ha permesso di cogliere la funzione che assume lo psicoterapeuta, ossia quella di mettere il paziente nella condizione di vivere un’esperienza relazionale positiva, potendosi affidare all’ascolto empatico del proprio terapeuta, nel quale deve esserci la consapevolezza della propria responsabilità di cura, quindi anche dei propri limiti, di essere umano fallibile. Il terapeuta deve sapersi confrontare con la propria inferiorità e con il paziente che va riconosciuto come persona che soffre e che chiede aiuto. Quella terapeutica è una funzione complessa, richiede di rimanere in ascolto rispetto ai contenuti che porta il paziente rispetto alla sua storia e al campo relazionale-emotivo che si costituisce tra paziente e terapeuta. La relazione costituisce quindi il presupposto fondamentale della psicoterapia a stampo adleriano, un corretto e consapevole uso dell’emotività che scaturisce dall’incontro permette al paziente di sperimentare quella condivisione e risonanza affettiva alla base della possibilità di essere visto e vivere un nuovo modo di stare in relazione, un’esperienza emotiva correttiva su cui si fonda il processo di cambiamento. L’esperienza vissuta nella scuola di psicoterapia psicodinamica adleriana di Brescia è stata per me molto importante, ricca, profonda e formativa, tanto dal punto di vista professionale quanto personale.
Marta Santini